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IL RITORNO DELLO DJED
Sia chiaro, un appassionato di Star Wars troverà riferimenti alla saga in ogni dove. Ma in questo che proveremo a raccontarvi potrebbe esserci una qualche verità. No, provare no! Fare o non fare. Non c’è provare!
Tra i tanti simboli che compaiono nella cultura egiziana c’è quello che sembra essere un pilastro sormontato da quattro righe orizzontali sovrapposti o un albero sfrondato: il suo nome è Djed! Con il passare dei secoli e la diffusione del culto di Osiride, signore dell’Oltretomba, divenne il simbolo per eccellenza di questa divinità; il pilastro Djed viene infatti a volte designato come la “colonna vertebrale di Osiride” (Libro dei Morti, CLV).
Se Osiride era stato fatto a pezzi dal fratello Seth e rimesso in piedi dalla sorella Iside, grazie a lei recuperava l’uso della sua colonna vertebrale e così poteva risorgere. Questo spiega perchè il Djed venisse frequentemente rappresentato negli amuleti da apporre nella sepoltura con la mummia: in quanto simbolo di rigenerazione permetteva al defunto di entrare nel Regno dei morti e di drizzarsi come Osiride.
A partire dal Medio Regno il pilastro figura in un rito cui partecipa lo stesso Faraone, l’erezione dello Djed, che consentiva al sovrano di riaffermare il suo potere. Insomma, per gli Antichi Egizi è un simbolo di rinascita, di risveglio, ma soprattutto di energia spirituale.
E qui ritorniamo alla fantascienza e all’archetipo dello Jedi, termine che gode di affinità elettiva con l’egizio Djed. Del resto che cos’è lo Jedi se non un maestro-pilastro che risveglia la forza? A noi piace pensarla così, che gli Djedi o “sacerdoti dello Djed” abbiano ispirato la figura dello jedi della saga.
Se così non fosse, speriamo di avervi fatto fare un viaggio intergalattico alla ricerca di un segreto vecchio 4000 anni!
Tra i tanti simboli che compaiono nella cultura egiziana c’è quello che sembra essere un pilastro sormontato da quattro righe orizzontali sovrapposti o un albero sfrondato: il suo nome è Djed! Con il passare dei secoli e la diffusione del culto di Osiride, signore dell’Oltretomba, divenne il simbolo per eccellenza di questa divinità; il pilastro Djed viene infatti a volte designato come la “colonna vertebrale di Osiride” (Libro dei Morti, CLV).
Se Osiride era stato fatto a pezzi dal fratello Seth e rimesso in piedi dalla sorella Iside, grazie a lei recuperava l’uso della sua colonna vertebrale e così poteva risorgere. Questo spiega perchè il Djed venisse frequentemente rappresentato negli amuleti da apporre nella sepoltura con la mummia: in quanto simbolo di rigenerazione permetteva al defunto di entrare nel Regno dei morti e di drizzarsi come Osiride.
A partire dal Medio Regno il pilastro figura in un rito cui partecipa lo stesso Faraone, l’erezione dello Djed, che consentiva al sovrano di riaffermare il suo potere. Insomma, per gli Antichi Egizi è un simbolo di rinascita, di risveglio, ma soprattutto di energia spirituale.
E qui ritorniamo alla fantascienza e all’archetipo dello Jedi, termine che gode di affinità elettiva con l’egizio Djed. Del resto che cos’è lo Jedi se non un maestro-pilastro che risveglia la forza? A noi piace pensarla così, che gli Djedi o “sacerdoti dello Djed” abbiano ispirato la figura dello jedi della saga.
Se così non fosse, speriamo di avervi fatto fare un viaggio intergalattico alla ricerca di un segreto vecchio 4000 anni!
IL PASSAPORTO DI RAMSES II. SEGNI PARTICOLARI: DECEDUTO
Era il 26 settembre del 1976 quando la mummia di Ramses II (1303-1213 a.C.) atterrava a Parigi per sottoporsi ad un delicatissimo trattamento anti-age. Vittima di un fungo che ne stava provocando un veloce deterioramento, fu salvata grazie alle sofisticate tecnologie dei laboratori del Musée de l’Homme.
Questo non fu l’unico viaggio post-mortem del faraone. Nel primo, dopo la mummificazione, quasi 3200 anni fa, aveva affrontato il viaggio dell'Amduat, ovvero l’aldilà. Poi era stato trasportato dalla sua tomba nella Valle dei Re (la KV7) alla cachette di Deir el-Bahari (la DB320), dove era stato trovato da Gaston Maspero nel 1881. Così era approdato al Museo Egizio del Cairo.
In nessuna di queste gite “fuori-tomba” però aveva avuto bisogno di un lasciapassare. Ma secondo la legge francese, chiunque entrasse nel paese, vivo o morto, deveva possedere un passaporto. Così il governo egiziano rilasciò un passaporto valido 7 anni a Ramses II con tanto di foto e generalità: nato nel 1303 a.C., di professione “Re-deceduto”. E come tale fu ricevuto con tutti gli onori riservati ad un Capo di Stato, con tanto di inno nazionale egiziano, parata militare e picchetto d’onore.
Ramses II restò nella capitale francese per circa otto mesi.
Terminati i trattamenti, fu di nuovo avvolto nelle bende e il 10 maggio del 1977 ritornò nella sua terra dove finalmente trovò l’eterno riposo nella Sala delle Mummie del Museo Egizio del Cairo.
Fino al prossimo viaggio!
Questo non fu l’unico viaggio post-mortem del faraone. Nel primo, dopo la mummificazione, quasi 3200 anni fa, aveva affrontato il viaggio dell'Amduat, ovvero l’aldilà. Poi era stato trasportato dalla sua tomba nella Valle dei Re (la KV7) alla cachette di Deir el-Bahari (la DB320), dove era stato trovato da Gaston Maspero nel 1881. Così era approdato al Museo Egizio del Cairo.
In nessuna di queste gite “fuori-tomba” però aveva avuto bisogno di un lasciapassare. Ma secondo la legge francese, chiunque entrasse nel paese, vivo o morto, deveva possedere un passaporto. Così il governo egiziano rilasciò un passaporto valido 7 anni a Ramses II con tanto di foto e generalità: nato nel 1303 a.C., di professione “Re-deceduto”. E come tale fu ricevuto con tutti gli onori riservati ad un Capo di Stato, con tanto di inno nazionale egiziano, parata militare e picchetto d’onore.
Ramses II restò nella capitale francese per circa otto mesi.
Terminati i trattamenti, fu di nuovo avvolto nelle bende e il 10 maggio del 1977 ritornò nella sua terra dove finalmente trovò l’eterno riposo nella Sala delle Mummie del Museo Egizio del Cairo.
Fino al prossimo viaggio!
SENZADENT. MUMMIFICARE È MEGLIO CHE CURARE
I denti di Hatshepsut
Hatshepsut fu una donna straordinaria. 3500 anni fa sposò suo fratello, il faraone Tuthmosis II (fatto normale nell'antico Egitto). Dopodiché usurpò il trono al figliastro Tuthmosis III (altro fatto normale nell'antico Egitto), si fece chiamare "faraone" e si fece addirittura raffigurare sui monumenti come un uomo con tanto di barba.
Quando la faraonessa morì, Tuthmosis gliela fece pagare, cancellando il suo nome da centinaia di monumenti.
E qui arriva il mistero: la sua mummia scomparve e non se ne seppe più nulla, tanto che quando il famoso Howard Carter (si, proprio lui: lo scopritore della tomba di Tutankhamon!) ritrovò la tomba di Hatshepsut nella Valle dei Re, era completamente vuota.
Ora la storia si complica: lo stesso Carter, nella Valle dei Re, ritrovò anche una tomba meno importante (siglata KV60) nel quale venne scoperta la mummia della nutrice di Hatshepsut (che la faraonessa doveva amare molto!) e una seconda mummia anonima.
Questa seconda mummia apparteneva ad una donna morta tra i 50 e i 60 anni, che soffriva di obesità e di forti problemi ai denti (ne mancavano molti nell'arcata gengivale).
E per una volta sono proprio carie e denti mancanti ad aver aiutato gli archeologi.
Il caso ha voluto infatti che nel Museo del Cairo gli egittologi conservassero un dente di Hatshepsut. Lo avevano ritrovato, insieme al fegato della faraonessa, in un “vaso canopo”, un contenitore in cui gli egiziani conservavano gli organi estratti durante la mummificazione.
L'iscrizione sul vaso non lasciava dubbi: dente e fegato erano quelli di Hatshepsut.
Gli archeologi egiziani hanno quindi convocato un dentista esperto in analisi sui denti delle mummie (fatto normale tra i dentisti egiziani).
Il dentista ha preso il dente e ha provato ad inserirlo nella cavità corrispondente dell'arcata gengivale della mummia e... indovinate? Si incastrava perfettamente!
La mummia di Hatshepsut è stata finalmente ritrovata.
Bentornata faraonessa!
I denti di Hatshepsut
Hatshepsut fu una donna straordinaria. 3500 anni fa sposò suo fratello, il faraone Tuthmosis II (fatto normale nell'antico Egitto). Dopodiché usurpò il trono al figliastro Tuthmosis III (altro fatto normale nell'antico Egitto), si fece chiamare "faraone" e si fece addirittura raffigurare sui monumenti come un uomo con tanto di barba.
Quando la faraonessa morì, Tuthmosis gliela fece pagare, cancellando il suo nome da centinaia di monumenti.
E qui arriva il mistero: la sua mummia scomparve e non se ne seppe più nulla, tanto che quando il famoso Howard Carter (si, proprio lui: lo scopritore della tomba di Tutankhamon!) ritrovò la tomba di Hatshepsut nella Valle dei Re, era completamente vuota.
Ora la storia si complica: lo stesso Carter, nella Valle dei Re, ritrovò anche una tomba meno importante (siglata KV60) nel quale venne scoperta la mummia della nutrice di Hatshepsut (che la faraonessa doveva amare molto!) e una seconda mummia anonima.
Questa seconda mummia apparteneva ad una donna morta tra i 50 e i 60 anni, che soffriva di obesità e di forti problemi ai denti (ne mancavano molti nell'arcata gengivale).
E per una volta sono proprio carie e denti mancanti ad aver aiutato gli archeologi.
Il caso ha voluto infatti che nel Museo del Cairo gli egittologi conservassero un dente di Hatshepsut. Lo avevano ritrovato, insieme al fegato della faraonessa, in un “vaso canopo”, un contenitore in cui gli egiziani conservavano gli organi estratti durante la mummificazione.
L'iscrizione sul vaso non lasciava dubbi: dente e fegato erano quelli di Hatshepsut.
Gli archeologi egiziani hanno quindi convocato un dentista esperto in analisi sui denti delle mummie (fatto normale tra i dentisti egiziani).
Il dentista ha preso il dente e ha provato ad inserirlo nella cavità corrispondente dell'arcata gengivale della mummia e... indovinate? Si incastrava perfettamente!
La mummia di Hatshepsut è stata finalmente ritrovata.
Bentornata faraonessa!